Spaghetti Startup

Lo spaghetti code è un codice incasinato come un piatto di spaghetti. Muy brutto amigo, muy muy. In Italia mi pare che stiamo provando invece a creare la incasinata spaghetti startup.

Temo che in Italia si stia affermando un nuovo triste fenomeno, la cultura della Spaghetti Startup. Cioè l’inquinamento con difetti tipici italiani, della cultura delle startup. Succede questo: da quando Passera & Soci hanno deciso di innestarsi sull’argomento Startup, come Mao sulle tracce del Kuomintang, il concetto è diventato, con un paio di lustri di ritardo mainstream. Ne sentite parlare con lo stesso accanimento riservato all’ultima trovata di Belèn. Persino Pippo, il lattaio sotto casa, ha una vaga idea di cosa possa essere e spera che il fenomeno gli salvi la pensione.

Questo ha portato, sic et simpliciter a diverse distorsioni, cui in passato (mea culpa) non sono stato estraneo. Le ha messe bene in evidenza prima Antonio Lupetti, noto scettico sul fenomeno, che riassumendo dice occhio, startup e starsystem in comune hanno solo la parola star. Poi succede che Samsung faccia il suo app challenge, vinca una app di un ragazzo di un piccolo paese della Sicilia e subito lo star system mediatico parte a spron battuto. Peccato che la app venga nel frattempo dichiarata decaduta perché viola i termini di Youtube/Google per l’utilizzo dei suoi servizi.

Tra commenti, litigi, invidie assortite, osanna e accuse, il buon Stefano Bernardi, che conosco da tanti anni ed è uno che la startup l’ha fatta e la fa crescere (molto bene mi dicono) a San Francisco, scrive su Che Futuro! un post condivisibile al 101%. Ossia, cari giornalisti parliamo di prodotti, non di starlettine delle startup, o di iperboli basate sul nulla. E devo dire che molti giornalisti seri (esistono e ne conosco eh!) concordano.

Posizioni chiare e pronti a ripartire? Nemmeno per idea. A testimonianza di quanto  il fenomeno dello Spaghetti Startup stia prendendo piede oggi leggo questo articolo, di Viola Venturelli. E devo dire che mi cadono le braccia. Oltre al tema della visibilità a scapito del vero motore (qualità accertata e soldi per farla sviluppare) che si ripropone come problema pari pari (e dire che l’articolo di Stefano è su Che Futuro! organo ufficiale di Che Banca!), leggo che l’A.D. Miccoli dichiara “Ma io come faccio ad essere sicuro che la startup funzioni? Se investo e poi non va bene, ho perso tutto”.

Mi chiedo: ma è un ragionamento sostenibile da parte di chi si vuole affacciare al mondo delle Startup? Il capitale di rischio è tale per l’opportunità di perdita o alta remunerazione. Se no si comprano titoli di stato, si fanno i prestiti alle famiglie, si fa finanza come la fa MedioBanca. E si innaffiano i gerani, che danno grandi soddisfazioni con pochi problemi e rischi.

Ora, siamo tutti d’accordo che c’è un problema di Spaghetti Startup? Spero di si. A questo punto, ognuno di voi, dovrà chiedersi “e io, che startupper voglio essere?”

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