Fare impresa in Italia è il male assoluto.

Scusate il titolo forte, ma da un thread su FriendFeed ho avuto modo di riflettere, ancora una volta, sul pessimo rapporto che in Italia esiste tra impresa e lavoratori. Offrire un lavoro è di per se considerato, ne prendo atto, un tentativo di truffa, mal che vada un furto. Di cosa non saprei.

In breve: cercavo uno stagista per una posizione in azienda. Ed ho proposto lo stage perché è, a mio avviso, lo strumento migliore per capire se può instaurarsi un rapporto duraturo con il candidato. Poiche tutti a fine mese paghiamo le bollette, ho offerto uno stage con rimborso spese. Anzi, ho voluto spingermi più in là: per dimostrarti quanto tengo a te, candidato sconosciuto, ti offro la base del rimborso spese, e inoltre ti aumento quel rimborso se nei tre mesi tipici dello stage mi dimostri quanto vali e sei bravo. Se vedo che ti piace il lavoro e ci tieni. Se insomma sei quello a cui offro un contratto stabile, dato che investire su una persona drena tantissime risorse ad un’azienda piccola come la nostra.

E cosa mi rispondi, tu candidato sconosciuto? Ecco cosa…Nell’ordine sono stato definito: “ladro, poco chiaro, truffatore” e indirettamente sciocco. Ma non credetemi sulla parola, leggete voi stessi http://ff.im/bx6ku

Non lo tollero, dato che ho sempre provato (magari non riuscendo) a fare la differenza nel mio piccolissimo. Per la prima volta capisco perchè siamo al palo  come sistema impresa e pubblico.

2 commenti

  1. Comprendo, aimé se comprendo. Nella mia “vita” passata avevo alcuni collaboratori e purtroppo la ragione sta da entrambe le parti.

    Chi offre lavoro non può assolutamente impegnarsi a vita perchè nel nostro paese il regime fiscale è soppressivo e punitivo. Pagare qualcuno che non produce corrisponde ad aumentare le probabilità di indebitamento (e di chiusura)

    Dal canto di chi lavora ovviamente si cerca un minimo di stabilità per…aprire un mutuo.. acquistare una nuova auto… metter su famiglia… ma non è possibile guadagnare uno stipendio degno sino a che non si diventa effettivamente produttivi.

    Ma come si fa ad arrivare a quel punto se l’azienda non può permettersi di aspettare che un collaboratore diventi effettivamente produttivo, e non solo una scommessa?

    Sono stato in entrambi gli schieramenti, e penso che i veri colpevoli non siano da ricercare ne in azienda ne nei lavoratori, ma più in alti: in chi legifera e nelle banche.

  2. Credo che nel mio caso l’errore sia stato nella forma, e bisogna riconoscere gli errori per quanto in buona fede: due parole in piu per specificare male non avrebbero fatto.

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